Caro Tirittera

Caro Tirittera

Ho Pensato a lungo che “Tirittera” fosse un soprannome o comunque solo un punto di riferimento, una specie di riassunto di nome e cognome. Del resto mi è capitato sempre di diffidare dei cognomi e di avere come unico link emotivo e affettivo con le persone il loro nome personale. Così quando ho saputo che il nome di Tirittera era “Lorenzo” per un po’ l’ho chiamato Lorenzo. Ma la cosa mi stonava, il nome personale non copriva il sentimento che provo per la persona, mentre Tirittera era ed è un involucro perfetto, capace di contenere interamente le gradevoli caratteristiche del personaggio. Poi sono venuto a conoscenza che il cognome ufficiale era appunto Tirittera, non era un soprannome, e da allora tutto ha ritrovato un’armonia anche più perfetta.
Tirittera ha come caratteristica di rarità il suo essere in costante contatto con le misteriose forze invisibili che influiscono in modo spesso determinante sui destini degli esseri umani. Non avendo avuto su di sé l’oppressione di una educazione scolastica, Tirittera, proprio come l’Emilio di Rousseau non sa nulla ma è in grado di imparare tutto e di dare una propria opinione su qualsiasi problema. E’ simpatico, almeno a me, fino all’inverosimile perché ricorda i personaggi delle fiabe popolari, quelli che riescono sempre a trovare una soluzione, quelli che ad ogni istante emanano un flusso di libertà.
Con la massima disinvoltura e credibilità Tirittera racconta le sue avventure di contatto con questi esseri invisibili, sì, ma in grado di “apparire” se lo desiderano, ma solo a persone con una particolare sensibilità. Così amici e negozianti si appellano a lui perché dica una buona parola a loro favore, chiedono di far sì che i loro bilanci si allarghino un po’, soprattutto nei periodi cosiddetti di crisi.
La passione profonda e inconscia di Tirittera è dunque il sogno di recitare, impresa non facile in un territorio così sconclusionato e disastrato come quello del cinema in questo Paese.
Le prime volte mi parlava con cautela di queste forze ultraterrene, ora, dato che io ho deciso di credere a tutto quello che dice me ne parla con la massima spontaneità. E di ciò ti ringrazio, caro Tirittera.

Lisetta

Lisetta, quarantenne, circola nel quartiere con la sua biciclettina adatta in genere a bambini di sei anni. Così è emozionante vederla sfrecciare tra le automobili col suo capo che spunta appena all’altezza dei finestrini. Quando scende le scale le sue gambe cortissime non le consentono di posare il piede sul gradino inferiore e allora lei scende balzellando, scende saltando di gradino in gradino e non può assolutamente fermarsi se non quando raggiunge il pianerottolo inferiore. L’ho incontrata la prima volta in un Centro di Igene Mentale, stava visitando i suoi amici “matti” tra cui c’era Adolfo, un tenero, delicato Down che ogni tanto sussurrava con voce roca “Lisetta che bel seno che hai.” E lei sorridendo “Ma va, va”. Un vero gioiello della vita la Lisetta e si prodiga ovunque a consolare gli afflitti o a intervenire nelle situazioni di disagio che il quartiere ogni giorno rivela. Mi ha confessato che nei giorni di sole le piace camminare nelle vie che lei sola conosce e la cui luminosità obliqua riesce ad allungare le ombre e allora gode di vedersi alta e snella, lei che ogni specchio rivela nella sua natura di nana. Naturalmente sono pochi nel quartiere quelli che nominandola la chiamano per nome. Quasi tutti, sia pur con tono di voce rispettosa dicono “la nana”. Eppure nella Lisetta io non trovo traccia di diversità nel profondo senso di inferiorità che avverto pulsare in lei, rispetto all’analogo sentimento che rilevo presente in qualsiasi o quasi donna occidentale. Tanto è vero che, quando scioccamente immaginando fosse mio compito contribuire a far sì che anche la Lisetta avesse un compagno, le ho detto. “Lisetta, ho conosciuto un nano fantastico è molto carino, dolce, benestante e divertente.” Lei ha fatto un passetto indietro, come per garantirsi la massima stabilità e, quasi gridando, ha rivelato i propri sogni del profondo. “Un nano? Ma sei matto? Io con un nano non mi metterò mai.” E, quasi per vincere qualsiasi diverso gioco del destino, qualche giorno dopo l’ho vista passare con un uomo, alto quasi tre volte lei

2 Responses

  1. Sundance Set 28, 2012 - Reply

    That’s a creative answer to a diffiulct question

  2. janas Ott 02, 2012 - Reply

    tenerissimi e semplici (nel senso più bello della parola) e molto umani questi due racconti, specialmente quello di Lisetta!

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