Roma, 27 settembre 2020
Caro Severino,
ti invio tardivamente alcuni pensieri che mi hanno tenuto compagnia quando tu non avevi ancora visto spegnersi la luce del mondo.
Ti ho sempre tenuto in memoria come un attore rasserenante, anche quando tu, esagerando un po’, tentavi di essere comico.
La gente ha molto più bisogno di serenità che di distrarsi con qualche risata.
Nel mio saggio “L’inutilità del dolore” mi è capitato di scrivere che chi sta soffrendo non gradisce dagli altri alcuna solidarietà verso il suo dolore.
Paradossalmente ha più bisogno di divergere dalla sofferenza, di divertirsi, insomma, riuscendo magari a diminuire il fuoco del dolore con il tocco rinfrescante di un sorriso.
Ecco perché ho scelto come estremo saluto a te, che ci hai lasciati, di raccontarti una storiella “divertente” che ho immaginato io.
E pensa che non ho mai amato le barzellette-
Ma veniamo al dunque, ecco il mio raccontino.
“Un uomo è seduto sulla panchina di un bel parco. Arriva una pecora e si siede accanto a lui.
L’uomo la guarda. La pecora si gira e mormora “Beh!?”.
Ecco tutto, caro Severino. Benvenuto nella piccola eternità della mia memoria.
Tuo Silvano.
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