Non ho meriti particolari per aver seguito a lungo il passaggio dei centomila che partecipavano alla maratona di Roma domenica mattina.
Infatti, il percorso stabilito era a pochi metri dalla mia finestra e, leggermente dall’alto potevo con facilità “leggere” i volti dei partecipanti.
Man mano che sfilavano sentivo crescere in me la beatitudine della diversità. Mi pareva di scorgere nella loro tensione per via della corsa, la precisa volontà di compiere un’esperienza di gioco insieme con gli altri, avvertendo che la propria individualità era parte di un’emozione collettiva e che ognuno di quei quasi centomila assumeva un’importanza fondamentale nella grande sensazione di un comune destino.
Proprio come dovrebbe accadere all’intera società.
Il piccolo, provvisorio destino di un maratoneta della vita che ha scelto di compiere il percorso, dall’inizio alla fine, liberandosi dall’idea del ‘vincere’ ma scegliendo di compiere l’impresa fino al traguardo finale non dandosi mai per vinti.
In rappresentanza dell’intera umanità c’erano italiani, cinesi, africani, donne con un palloncino legato alla spalla che dava al fluire della corsa il ritmo di una danza, uomini che partecipavano sulla sedia a rotelle, una coppia di nani, anziani che camminavano lesti, marciando invece che correre molti appaiati con un cane che trotterellava al seguito, altri che partecipavano muovendosi convulsamente sui trampoli.
Mi tornava alla mente quando intorno agli anni settanta durante la presunta crisi energetica che prospettava una drammatica, progressiva scarsità di petrolio nelle viscere del pianeta, si era stabilito che nei giorni di festa non potesse circolare alcuna autovettura.
Quasi subito la creatività popolare aveva trasformato il divieto in una grande festa. C’era di tutto nelle strade. Antichi birocci trainati da cavalli scalpitanti, monopattini, biciclette, perfino qualche prototipo di veicolo elettrico.
Si spandeva e vagava nell’aria il piacere dello stare insieme, l’emozione dell’incontro, i dialoghi improvvisati anche tra sconosciuti.
Intanto i prezzi del petrolio e dei manufatti derivati salivano alle stelle.
Si trattava dunque, come spesso accade, di una finta emergenza ideata con lo scopo di legittimare l’ennesimo aumento dei prezzi.
La gioia collettiva che si riversava e cresceva nelle strade in quelle indimenticabili domeniche deve aver preoccupato non poco i gestori piccoli e grandi del Potere.
Di fatto il petrolio ha cessato improvvisamente di estinguersi e la grande festa di invenzioni e di incontri si è spenta, lasciando il posto, anche la domenica, alla consuete e malefiche infestazioni di monossido di carbonio, il micidiale impasto di gas che ormai da sempre le automobili emanano nelle città e nelle autostrade.
La maratona rende difficile il dialogo tra i partecipanti, per questo non infrange le odiose norme della sottomissione.
Così l’immagine di chi assiste passivamente ai bordi delle strade al passaggio dei maratoneti offrendo loro in omaggio qualche strascicato applauso, torna ad essere perfettamente simile all’immagine dell’attuale società, divisa tra chi “osa” e chi teme, tra chi fa e chi aspetta, tra chi parla e chi eternamente tace.
Verso la fine, quando ormai il flusso degli umani si era ridotto a pochi isolati partecipanti, è finalmente apparso per ultimo l’unico degli ottantamila che osava partecipare alla maratona correndo all’indietro.
Qualche applauso rispettoso, poi una voce ha gridato in romanesco al tenace e solo maratoneta “A Beppe Grillo…”
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”D’amore si vive…”
Caro Silvano,
sarebbe interessante un tuo commento per il ‘Diario’ su queste parole di papa Francesco; dunque,la tenerezza. Poche altre volte ho sentito parlarne con tale chiarezza e profondità emotiva e direi filosofica. Tu che ne pensi?
Parole del Papa
“Non dobbiamo avere paura della bontà, neanche della tenerezza – ha aggiunto il Papa – Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza”, ha aggiunto il Pontefice. La tenerezza, ha detto il papa, “non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore”.
Quando si tratta di domande che implicano grandi responsabilità preferisco chiedere aiuto a qualche esperto, per questo ho raggiunto Angelino, uno strepitoso gestore della propria infanzia e gli ho letto il messaggio del Papa..
Poi gli ho chiesto cosa risponderebbe al papa.
“Io gli direi, caro papa, nessuno ha mai avuto paura della bontà e della tenerezza. Gli uomini hanno paura di morire, di perdere il lavoro, di non trovare una casa, perché dovrebbero aver paura della tenerezza?”
Angelino ha nove anni e nel sentirgli dire queste parole non so se abbandonarmi alla commozione o cercare di essere, magari a fatica, degno della sua inconsapevole saggezza.
“Forse il papa si riferisce ai cardinali che hanno paura di essere buoni perché allora tutti gli chiedono aiuto per trovare un lavoro o magari una casa dove abitare e loro si innervosiscono.
Certo se tutti avessero da mangiare e una casa dove abitare sarebbe più facile essere buoni.”
“Angelino, dimmi la verità, ti è simpatico questo Papa?”
“Sì, sembra uno zio di tutti.”
A questo punto il ragazzino dopo essere rimasto in silenzio, quando gli chiedo di dirmi cosa domanderebbe al papa se fosse qui accanto a lui, si scolorisce in viso e mi rivela l’immensa semplicità che pulsa in lui, nella sua mente, nei suoi gesti.
Un cattolico direbbe che Angelino è stato improvvisamente invaso dallo spirito santo.
Gli direi “perché adesso che sei ricco non paghi il debito pubblico dell’Italia?”